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ideazione e regia di alessandra fumai

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Progetto e quadro teorico

 

Il progetto “Materiale Umano” nasce da una riflessione intorno al rapporto dell’umano con le tecnologie contemporanee. La cornice teorica dalla quale partiamo è l’analisi fatta da Guy Debord tra gli anni 60’ e gli anni 70’ del ‘900, intorno al potere coercitivo esercitato dai mezzi di comunicazione di massa, che sfocerà nel celebre saggio “La società dello spettacolo”: in quel lavoro Debord denuncia la trasformazione dei lavoratori in consumatori all’interno del sistema economico capitalista. Debord nel suo lavoro esplora, tra le altre cose, la formazione del senso e del consenso attraverso le immagini e l’alienazione dell’uomo contemporaneo nella società post industriale. 

Come danzatori e artisti che utilizzano il corpo come primo e principale supporto del loro lavoro, vogliamo interrogarci in questo momento storico su come siano cambiati e stiano cambiando i corpi stessi rispetto agli input del consumismo e della “vetrinizzazione” progressiva della nostra società, ovvero l’esposizione e la spettacolarizzazione costante degli individui (questo concetto è esplorato dal sociologo Vanni Codeluppi nel suo saggio del 2007 “La vetrinizzazione sociale”). Queste considerazioni ci spingono a domandarci quale sarà il destino dell’umano in uno scenario che si presenta sempre più permeato dall’intelligenza artificiale, dal controllo sottile dei corpi e dei desideri? Come cambia il modo stesso di rappresentarci? Possiamo concederci il lusso di essere “ingenui”?

Il corpo del danzatore è per antonomasia un corpo performativo, immerso totalmente nella sua materialità e devoto ad essa nella misura in cui costituisce una via di conoscenza verso l’umano stesso. Come interagisce il danzatore contemporaneo rispetto all’alienazione del mondo digitale? Il recente vissuto della pandemia globale ha accelerato alcuni processi in atto, come la progressiva digitalizzazione delle relazioni (acquisto, consumo, comunicazione, apprendimento), mettendo in crisi le tradizionale separazione tra spazio pubblico e privato. Le lezioni di danza effettuate tramite la piattaforma “Zoom” ad esempio hanno reso possibile eventi impensabili prima: come tutto questo impatta sul nostro modo di sentire, percepire, narrarci ed esperire? 

Metodologia

“Materiale Umano” nasce da una ricerca di Alessandra Fumai, parte del Collettivo di danzateatro CIFRA. Durante i primi mesi di lock down della scorsa primavera, il Collettivo ha deciso di utilizzare la seguente suggestione teorica come input di studio e ricerca per una futura creazione e ha iniziato a sperimentare alcuni esercizi compositivi per approcciare al tema, provando a utilizzare la situazione paradossale di distanza e il rapporto con lo schermo in modo creativo e critico: “Materiale umano” è diventato uno spunto per lavorare nel e sul presente, nelle date condizioni di esistenza. L’idea iniziale era appunto quella di “riflettere attivamente” sugli argomenti trattati con i propri corpi attraverso la realizzazione di video e scritti da parte dei danzatori e attori.

Come si traduce, come si racconta e come si lavora con il corpo su concetti come capitalismo, coercizione, alienazione, esposizione, controllo, consumo, schermo, sguardo?

Il gruppo, data la densità delle tematiche e la volontà di approfondire, ha deciso di dedicare al lavoro una residenza di una settimana a Lucca, presso lo spazio “Fuoricentro”, dove si è cercato di far risuonare questi temi nei corpi stessi, attraverso esercizi di composizione e creazione, letture e visione di documentari sull’argomento. Alessandra Fumai e Francesco Zanlungo hanno curato la parte teorica e autoriale della prima settimana di residenza mentre i colleghi hanno curato la creazione e l’interpretazione di sequenze danzate, assoli, scritture e ricerca testi. Le giornate sono state organizzate in modo da dedicare le mattine ai training e i pomeriggi alla creazione. Il “materiale grezzo” scaturito dalle prove è stato combinato in una performance di venti minuti eseguita nello spazio di Villa Guinigi. 

“Materiale umano” è un lavoro in corso d’opera, sia a livello compositivo che metodologico: l’obiettivo finale è quello di creare un  repertorio che si possa organizzare sia in uno spettacolo da presentare in teatro che in performance adattabili a contesti urbani, site specific, spazi aperti.

La particolarità del lavoro risiede in molteplici aspetti: il primo è una sorta di “cortocircuito” autoriflessivo, per il quale il danzatore è portato a osservare prima di tutto le sue  stesse abitudini rispetto al mondo del consumo e della tecnologia per poterle tradurre in forme cinestetiche e narrarle a un pubblico. In secondo luogo l’essere coscienti del contesto politico e storico in cui viviamo attraverso la danza e il teatro dà corpo ad argomenti spesso lontani e sfuggenti, portando la riflessione critica nel mondo artistico, troppo spesso identificato solamente con un “regno dello svago e del disimpegno”.