Progetto e quadro teorico
Il progetto “Materiale Umano” nasce da una riflessione intorno al rapporto dell’umano con le tecnologie contemporanee. La cornice teorica dalla quale partiamo è l’analisi fatta da Guy Debord tra gli anni 60’ e gli anni 70’ del ‘900, intorno al potere coercitivo esercitato dai mezzi di comunicazione di massa, che sfocerà nel celebre saggio “La società dello spettacolo”: in quel lavoro Debord denuncia la trasformazione dei lavoratori in consumatori all’interno del sistema economico capitalista. Debord nel suo lavoro esplora, tra le altre cose, la formazione del senso e del consenso attraverso le immagini e l’alienazione dell’uomo contemporaneo nella società post industriale.
Come danzatori e artisti che utilizzano il corpo come primo e principale supporto del loro lavoro, vogliamo interrogarci in questo momento storico su come siano cambiati e stiano cambiando i corpi stessi rispetto agli input del consumismo e della “vetrinizzazione” progressiva della nostra società, ovvero l’esposizione e la spettacolarizzazione costante degli individui (questo concetto è esplorato dal sociologo Vanni Codeluppi nel suo saggio del 2007 “La vetrinizzazione sociale”). Queste considerazioni ci spingono a domandarci quale sarà il destino dell’umano in uno scenario che si presenta sempre più permeato dall’intelligenza artificiale, dal controllo sottile dei corpi e dei desideri? Come cambia il modo stesso di rappresentarci? Possiamo concederci il lusso di essere “ingenui”?
Il corpo del danzatore è per antonomasia un corpo performativo, immerso totalmente nella sua materialità e devoto ad essa nella misura in cui costituisce una via di conoscenza verso l’umano stesso. Come interagisce il danzatore contemporaneo rispetto all’alienazione del mondo digitale? Il recente vissuto della pandemia globale ha accelerato alcuni processi in atto, come la progressiva digitalizzazione delle relazioni (acquisto, consumo, comunicazione, apprendimento), mettendo in crisi le tradizionale separazione tra spazio pubblico e privato. Le lezioni di danza effettuate tramite la piattaforma “Zoom” ad esempio hanno reso possibile eventi impensabili prima: come tutto questo impatta sul nostro modo di sentire, percepire, narrarci ed esperire?